Arte del Tai Chi Quan Scuola di Tai Chi Bologna

“Il Tai Chi Chuan (太极拳) è prima di tutto rotondo come rotonda è la terra. Aprire e chiudere, kāi (开) e hé (合) sono alla base di ogni movimento. Rilassare è il modo per coltivare la forza. Il Tai Chi Chuan è Nèijiā (內家) Arte marziale interna.”

Sulla teoria del Tai Chi

Fabio Tinti | Notizie e eventi

Pubblicato il: 19 Gennaio 2025

Sulla teoria del Tai Chi

Nell’ultimo stage il maestro Shi Rong Hua ci ha consigliato un testo di teoria del Tai Chi: 太极拳论。 Teoria del Tai Chi di Wang Tsun Yueh, un classico della dinastia Ming. Il maestro Hua ci ha sempre detto che prima viene la pratica e poi la teoria e che per poter leggere un testo di teoria del Tai Chi bisogna prima avere un buon livello di pratica, insomma bisogna saper fare Tai Chi per leggere di Tai Chi.

Questo ci fa sperare che i tanti anni passati a studiare questa arte comincino a dare i loro frutti, ma rimane un’ambiguità da sciogliere sull’uso di un testo di teoria e sull’aspettativa di poter imparare il Tai Chi da un racconto scritto.

Quando da bambini abbiamo imparato ad andare in bicicletta perdevamo l’equilibrio da una parte o da quella opposta, se cadevamo ci riprovavamo, sempre. Non è stata una lezione magistrale o un manuale sulla bici a farci imparare a stare in equilibrio, solo provare e riprovare, ad un certo punto la bicicletta è rimasta in equilibrio per due pedalate prima di cadere da una parte o dall’altra e abbiamo provato cosa vuol dire andare in bici, abbiamo trovato quell’equilibrio che prima non c’era, quella è stata la novità che non conoscevamo e che non potevamo immaginare neanche guardando qualcuno che sapeva andare in bici.

Nel tuishou c’è un equilibrio simile da trovare, durante l’ultimo stage abbiamo esercitato “Bù Diū Bù Dǐng”, né troppo né troppo poco, solo ora che molti di noi hanno fatto queste due pedalate in equilibrio su “Bù Diū Bù Dǐng”, possiamo comprendere queste parole.

Noi adulti quando ci troviamo di fronte ad una nuova esperienza tentiamo sempre di ricondurla a qualche esperienza passata, perché abbiamo tante esperienze da utilizzare, lo facciamo per un’economia di energie, costruire nuove esperienze è faticoso ma quando la novità non si può ricondurre ad una somma di esperienze passate non se ne può fare a meno. Il Tai Chi è una di queste cose nuove, ci riporta alla dimensione di bambini quando era normale trovare una novità mai provata prima e affrontarla nello stupore per la prima volta.

Se non sei mai andato in bicicletta quando ci pensi non puoi immaginare la magia dell’equilibrio sulle due ruote, e se leggi un libro su come ci si allena in bicicletta continuerai a immaginare cose sbagliate o inutili se non hai fatto prima almeno quelle due pedalate in equilibrio.

Leggere senza l’esperienza del significato delle parole che leggiamo è inutile anzi è dannoso perché il desiderio di capire ci porta a costruire un’idea preconcetta della quale finiamo per convincerci tentando di dimostrarla durante l’allenamento, così smettiamo di cercare il movimento corretto e le forze che può sviluppare e finiamo per cercare solo di non smentire la nostra idea. Meglio niente, molto meglio niente, perché dobbiamo rimanere aperti a quello che la pratica mano a mano ci rivela altrimenti rischiamo di voler costringere il corpo a fare quello che teorizziamo invece di cercare di imparare quello che il corpo può fare, che è semplicemente inimmaginabile. Ecco che più pensiamo di aver “capito” e peggio è.

Per questo il libro di teoria va letto solo dopo che si è acquisito un bagaglio di esperienza che riesca a riempire le parole del significato corretto, come un bambino che impara a parlare e che deve conquistare il significato di ogni singola parola.

Il Tai Chi ha anche un’altra aggravante, ha una complessità che lo pone oltre l’orizzonte della nostra comprensibilità, mentre pratichiamo siamo più simili a dei ricercatori che esplorano ambienti sconosciuti piuttosto che agli scolari che tentano di applicare una teoria nota.

La maggior parte delle cose che ci circondano ha questa complessità incomprensibile ma abbiamo imparato a semplificarla per costruire modelli che possiamo comprendere, che assomigliano alla realtà quel tanto che basta per esserci utili per manipolarla.

Purtroppo o per fortuna le cose più belle della vita sfuggono a questa semplificazione utilitaristica, ed è bello che il Tai Chi sia tra quelle cose, non può essere semplificato non può essere ridotto ad un modello utile, la complessità che lo rende infinito va affrontata nella sua interezza, incomprensibile e incomunicabile.

Quando il maestro pratica assieme a noi mostra quello che lui ha costruito per stimolarci a costruire il nostro Tai Chi, non riusciamo mai a copiare il suo movimento perché è impossibile, è il suo e solo suo, ma nel tentare di farlo pratichiamo con il ricordo di quel sapore, o semplicemente con la consapevolezza che il nostro Tai Chi deve avere un sapore, deve essere vivo, pratichiamo con una intenzione e una direzione, questo è importante.

Quando ci parla della teoria non ci sta rivelando il segreto del Tai Chi, ci sta dando spunti per coltivare il nostro Tai Chi, allo stesso modo quando leggiamo un testo di teoria del Tai Chi dobbiamo abbandonare l’idea che ci possa dare la sostanza del Tai Chi, sarebbe una impossibile scorciatoia verso una meta che non esiste.

Accontentiamoci della speranza che la teoria ci aiuti a vedere meglio quello che stiamo facendo nel nostro allenamento quotidiano per aiutarci a migliorarlo.

La teoria può parlare solo al nostro presente, al nostro Tai Chi, unico e personale e le stesse parole devono poter dire cose diverse a ciascun praticante e a noi devono rivelare cose sempre nuove mano a mano che il nostro Tai Chi cresce e cambia, per questo i libri che spiegano molto nel dettaglio in realtà sono quelli che spiegano peggio, mentre i classici che hanno una struttura apparentemente meno comprensibile, più poetica che tecnica, rimangono i più fedeli al fine per cui sono stati scritti, non per rivelare il Tai Chi ma per aiutare ogni lettore nel proprio percorso di allenamento.

La teoria è al servizio della pratica perché è la pratica che rivela il Tai Chi!

Ringrazio chi mi ha chiesto di scrivere queste riflessioni perché per tentare di ordinare dei pensieri confusi mi sono trovato di fronte alla complessità del Tai Chi e mi sono sentito ancora un principiante e mi sono tornati in mente la vitalità, la gioia, la leggerezza degli allenamenti di quando nella nostra scuola eravamo tutti principianti.

In uno dei testi classici sul Tai Chi ho letto questa frase: Eterna primavera.

Non sono parole vuote, lo stiamo vivendo nella nostra scuola ed è molto bello.

Auguro a tutti una buona pratica, intensa, gioiosa e giocosa come solo un principiante può fare 🙂

Fabio

Arte del Tai Chi Quan stile Chen

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