Si é appena conclusa l’esperienza estiva con il maestro Shi Rong Hua, e dopo una dozzina di anni in questa scuola posso dichiarare che in ogni stage le moltitudini di informazioni che mi giungono sono in esponenziale aumento, tanto da non sapere da che parte cominciare a scrivere.
Il Taiji che ci propone il maestro è un tessuto con una trama fine permeata di dettagli, che possono essere colti da occhio esperto solo dopo un percorso di studio lungo.
Vedo di abbandonare le metafore e utilizzare un linguaggio più oggettivo.
Ho iniziato il ritiro con un disturbo ad un anca che mi molestava da mesi e come per incanto nonostante io abbia lavorato intensamente su questa articolazione il “nodo” si è sciolto.
Come usa dire il maestro non facciamo Taiji per essere Draghi a 20 anni, quello lo decide la natura di ognuno, ma per ricercare una salute nel tempo.
Abbiamo sudato per giorni in queste palestre ad un fine, quello di perfezionare la struttura e per sviluppare un miglior rilassamento, l’esempio che ci faceva era quello di un edificio che esternamente può avere le fattezze ed essere adorno con i materiali che si vuole ma, le colonne e le travi devono essere definite stabili e ben allineate.
Si è premurato di evidenziare l’equivoco culturale che la parola RILASSATO causa. Nello studio del Taiji rilassato non significa abbandonare la struttura ma bensì il contrario, consolidarla ed espanderla liberando il corpo dalle tensioni muscolari.
Quando si è a contatto del maestro e lui da mostra del rilassamento si viene sbalzati lontano da lui. Una delle peculiarità del lavoro che ci invita a ricercare è “ non prevaricare e non ritirarsi”.
Io ho avuto più volte l’opportunità di sperimentare questa sensazione con lui, e posso dire che più energia (forza) metti e più ne vieni respinto.
La sensazione che posso riportare è quella di “perdere le radici”, ossia da una posizione stabile e ben strutturata assunta alla partenza, ritrovarmi ad essere sbilanciato dalla mia stessa pressione.
Per comunicare la sensazione di non mettere LI( forza muscolare) è solito permettere ad una terza persona di infrapporsi tra lui e l’allievo che verrà sbalzato, allo scopo di sentire l’assenza di pressione da parte sua.
Un altra “magia” del Taiji è l’INTENZIONE che attiva tutti i movimenti che seguono.
Come qualcuno ha detto il Taiji è pratico e pragmatico, ma senza “Yi” ( INTENZIONE) non è Taiji.
Mentre si fa Taiji il pensiero non può divagare ovunque perché ha un ruolo prioritario nell’attività motoria.
Il M.Hua non ha mancato di far riferimento ad un detto cinese che menziona il Pensiero come Re e ossa e muscoli come Ministri e Sudditi.
In realtà questo è il livello a cui ci invita di studiare perché anche se ci ha mostrato a volte cose più mirabolanti io non ho ancora le competenze tecniche per descriverle.
Ho trovato pertinente un paragone con l’università che ha fatto davanti al solito quesito: “ ma quanto ci vuole per ….”.
Ha detto non tutti gli studenti di medicina diventano dottori e se non ho capito male intendeva pure: ancora meno diventano Dottori.
Ma la cosa più entusiasmante che ho afferrato è che: “se sai dove sei hai già vinto”.
In ogni istante della forma è necessario avere la più completa coscienza di se stessi, questo è il segreto del miglioramento della salute.